domenica 26 ottobre 2008

Intervento senatrice Vittoria Franco svolto in senato nel corso della seduta del 23 ottobre dedicata alla conversione del DL 137

Il resoconto dell'intervento della senatrice Vittoria Franco, Ministro Ombra del PD alle Pari Opportunità, svolto in Senato nel corso della seduta mattutina di Giovedì 23 ottobre 2008, dedicata al proseguimento della discussione del DL: (1108) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (Approvato dalla Camera dei deputati)
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Intervento: FRANCO Vittoria (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministro, credo che a questo punto siano chiari i motivi della nostra contrarietà al pacchetto di proposte del Governo sulla scuola. La nostra contrarietà è dovuta alla convinzione che questi provvedimenti abbiano come effetto un impoverimento del nostro sistema di istruzione e un indebolimento del Paese. Il Paese sarà più debole quanto a capacità di coesione sociale, nel tessuto democratico, nel garantire uguali opportunità ed uguale cittadinanza, nella capacità di competere con altri Paesi, in Europa e nel mondo. Oggi competizione crescita sono possibili soltanto se si investe sul sapere, sull'innovazione e sulla ricerca. Questo lo sappiamo tutti. Però il Governo fa tutto il contrario. Sta disinvestendo da questi settori, mortificando le energie migliori. L'Europa ci direbbe di dare nostro contributo come Stato membro alla costruzione dell'economia e della società della conoscenza. Ma se guardo ai provvedimento del Governo dall'inizio di questa legislatura su scuola, università e ricerca posso solo concludere con rammarico che l'Italia tira i remi in barca e si chiuse in una orgogliosa rinuncia. È un vero peccato; è una miope presunzione quella di pensare che i tagli siano l'unica strada, l'unica alternativa possibile per dare più qualità e maggiore efficacia al nostro sistema formativo. Ministra Gelmini, lei ama ripetere che la scuola ha bisogno di innovazione e di qualità. Siamo d'accordo. La scuola ha bisogno di cambiamenti, di un sistema più efficace per portare gli studenti al successo formativo, e quando siamo stati al Governo in questo senso abbiamo agito nel senso di rinnovare la scuola. Però, innovare significa introdurre novità. Ma non è certo di novità che stiamo parlando in questi giorni. In questi provvedimenti vi è solo e soltanto restaurazione. L'orologio torna indietro di trent'anni e come ha riconosciuto qualche collega del centrodestra con onestà si sta ripristinando il modello organizzativo tradizionale della scuola elementare vigente fino al 1990. È dunque la tradizione che prevale, non la novità: vent'anni sono passati invano, come se gli allievi di oggi potessero essere come quelli di diverse generazioni fa. Non è un processo riformatore vero quello che voi volete, colleghi del centrodestra, ed è veramente singolare che - come ho sentito in diversi interventi - accusiate la sinistra di non volere la riforma o le riforme. Se la ministra Moratti, nel precedente Governo Berlusconi, non avesse azzerato una riforma coraggiosa come quella che aveva proposto il ministro Berlinguer, la nostra scuola oggi - lo dovete riconoscere - molto probabilmente si troverebbe in una condizione migliore. Ed è sconsolante ascoltare banalizzazioni storiche, come quelle che fanno derivare la riforma della scuola elementare, che ha migliorato enormemente quel segmento del nostro sistema d'istruzione, da pressioni sindacali o dai movimenti del '68, diventato l'origine di ogni male. Quanta demagogia, quale stravolgimento della storia nel non voler riconoscere il fatto che quelle riforme, anche quella del 1990, furono il prodotto del pensiero laico e di quello cattolico più avanzati, come quello di don Milani. Sono lì i fermenti più importanti, che hanno portato alla concezione della scuola come scuola della Repubblica, del «Non uno di meno», della scuola dell'inclusione e non soltanto per l'élite, della scuola come l'agenzia più importante della costruzione dell'eguale cittadinanza. Quel pensiero pedagogico era avanzato, perché aveva capito che si era aperta un'epoca di complessità e che era necessario fornire strumenti più appropriati di formazione. Avevano capito che non è sufficiente il buonsenso, colleghi della maggioranza, per fare una riforma della scuola, che non basta più solo imparare a leggere, scrivere e far di conto. E trovo davvero propagandistico - come ha fatto, mi dispiace dirlo, anche il senatore Valditara, che di solito apprezzo per la capacità argomentativa - nonché davvero debole e demagogico sostenere che la riforma del '90, che introdusse i moduli, fu il prodotto di una pressione sindacale per rimediare ad una crisi occupazionale della scuola. Quella riforma fu, invece, il prodotto di una discussione decennale, che fu ampia nel Paese e che si ebbe dopo un lungo periodo di sperimentazione, una parola che non si conosce più. Quella riforma corrispondeva al bisogno di articolare le figure degli insegnanti in una forma più corrispondente ad una società moderna e complessa, basata sulla molteplicità dei saperi; e quella ha consentito di arricchire l'offerta didattica. E comunque, è un assetto ormai consolidato, che ha contribuito a dare buoni risultati. Dunque, siamo anche noi convinti che la scuola abbia bisogno di interventi che ne accrescano la qualità, ma sfido chiunque a dimostrare che meno ore di lezione, meno maestri, il grembiulino e il voto in condotta, motivo di bocciatura, facciano la qualità. La verità è che Tremonti ha deciso che bisognava tagliare i costi e la spesa per la scuola, considerata eccessiva, forse superflua; e la ministra Gelmini, ci dispiace dirlo, ha cercato di ammantare quei tagli con qualche frase ad effetto sulla qualità. Me le famiglie, gli insegnanti e gli studenti hanno capito qual è la realtà e, soprattutto, quali sono le conseguenze di questi tagli: si avranno meno scuola e meno scuole, ma soprattutto si avrà una scuola più povera, che compromette ancora di più il futuro delle nuove generazioni. Una scuola davvero moderna, oggi, deve saper insegnare ai ragazzi, ministra Gelmini, a imparare lungo tutto l'arco della vita. Questo è il compito dell'istruzione, pena l'emarginazione, in un'epoca nella quale la flessibilità nel lavoro, che spesso diventa - purtroppo - precarietà, costringe le persone ad imparare lungo tutto l'arco della vita. E dunque, la qualità: certo, questa si misura dal successo formativo, dalla capacità di recupero della dispersione scolastica, dalla capacità didattica degli insegnanti, che vanno formati meglio, aggiornati e motivati; e, invece, vengono offesi, come ha fatto il ministro Brunetta o come spesso fa la ministra Gelmini, quando li invita a lavorare nel turismo, cosa che trovo francamente offensiva. Si fa crescere la qualità attraverso la valutazione delle scuole e dei risultati e dando obiettivi precisi di apprendimento. E allora, siamo contrari, lo abbiamo detto, alle 24 ore settimanali semplicemente perché esse schiacciano il bambino sulla provenienza sociale delle famiglie, non consentono a quel bambino di progredire nella scala sociale. (Brusìo). Mi avvio a concludere, signor Presidente. PRESIDENTE. Mi scusi, senatrice Franco, lei ha ancora tempo a disposizione. Vorrei però richiamare l'Aula al silenzio, perché non si riesce a seguire. FRANCO Vittoria (PD). Dicevo che siamo contrari alle 24 ore settimanali, che riteniamo impoveriscano la scuola, l'insegnamento e la didattica, per una ragione fondamentale: in questo modo si impedisce ai bambini che hanno una provenienza sociale meno avvantaggiata la possibilità di progredire nella scala sociale. In questo modo si mortifica il fattore primario di mobilità sociale che è l'istruzione, si dà un colpo a tante famiglie con bambini in età scolare, e i bambini che non trovano nella famiglia le condizioni di una migliore formazione avranno probabilmente la televisione come baby sitter e come maestra unica. Si dà un colpo anche alle donne che lavorano, che avranno maggiori problemi di organizzazione familiare e magari si troveranno di nuovo costrette a rinunciare al lavoro. Presidenza del presidente SCHIFANI (ore 12,45) (Segue FRANCO Vittoria). Per non parlare poi del fatto che per molte famiglie la scuola sarà più lontana anche fisicamente. Si parla molto di meritocrazia: certo, va bene selezionare in base al merito, ma dopo aver creato condizioni di uguale opportunità per tutti, con una scuola che includa e non che escluda o tenga ai margini i meno fortunati socialmente. Signor Presidente, ho pensato spesso in questi giorni ad una celebre frase di Piero Calamandrei che voglio ricordare ai colleghi. Diceva Calamandrei: trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere. Purtroppo, la scuola disegnata da questi provvedimenti sempre più difficilmente potrà compiere questo miracolo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

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